Qualcuno sa chi era, prima di essere brutalmente assassinata, Elisa Pomarelli? Certo, ci hanno detto che era una ragazza di 28 anni. E che era lesbica. Studi? Lavoro? Hobby? Amici? Parenti? Aveva dei sogni, Elisa? Aveva dei progetti per la sua vita? Nelle foto è sorridente, bellissima, ha occhi scintillanti, vivaci. Ma i nostri giornalisti non ci parlano di lei. Ci parlano di lui, dell’assassino. Che, dicono, si era innamorato di lei. Per favore, è venuto il momento di dire BASTA!!! Se si è giornalisti bisogna avere competenza linguistica e se si usano termini sbagliati o si è ignoranti (e bisogna studiare, fare gli errata corrige) o si comunica consapevolmente un’idea tendenziosa. In questo caso potremmo dire connivente. L’idea che queste bestie che ammazzano le donne che non vogliono stare con loro siano “innamorati”, che uccidano per “amore” è un’idea non semplicemente sbagliata, ma colpevole, responsabile della mentalità che porta proprio a quegli assassinii. Il Giornale pubblica su questo ennesimo femminicidio un articolo dal titolo incredibile: “Il gigante buono e quell’amore non corrisposto”.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/gigante-buono-e-quellamore-non-corrisposto-1749912.html
Il gigante buono???? Ma è uno scherzo di cattivo gusto? No, l’articolo è serissimo. Dice che l’uomo era molto forte, sempre disponibile con tutti ecc. ecc. e quindi “qualcosa si è rotto”. E ci è voluta una criminologa che entrasse nella sua casa per scoprire che la persona non era molto equilibrata, perché, appunto, era benvoluto. Poi per tutto il pezzo si mostri come l’uomo fosse innamorato e lei, forse, “lo illudeva”. A onor del vero, verso la fine, si parla di “finzione di amore” e di “delitto premeditato”.
Addirittura per il TG2 il corrispondente da Piacenza chiede al carabiniere se l’uomo, una volta catturato, ha pianto. E l’altro, un po’ emozionato, dice che sì, piange sempre. Pover’uomo, verrebbe da dire.
https://www.facebook.com/tg2rai/videos/764862897270321/
Qui e là si parla, ovviamente, di raptus (eccolo!). Ora pare che il raptus sia “un impulso improvviso di forte intensità che porta un soggetto a episodi di parossismo, in genere violenti….e/o alla momentanea perdita della capacità di intendere e di volere.” Siccome l’assassino, dopo avere strangolato Elisa, ha scavato un fosso e ha nascosto il cadavere mi sentirei di escludere l’assenza di capacità di intendere e volere. E anzi, ha continuato a ragionare benissimo per giorni.
Il problema, ormai allarmante, è che si continui a chiudere un occhio, giustificare, legittimare la “volontà di possesso”, chiamandola amore, gelosia e altro. È un sistema vecchio come il cucco per mantenere i rapporti tra i sessi nello stato di diseguaglianza in cui incancreniscono da almeno un paio di millenni. Sarebbe ora di cambiare.
Ma sono così pochi i professionisti che aderiscono alla Convenzione di Venezia? Il documento che raccomanda esplicitamente di evitare “di raccontare il femminicidio sempre dal punto di vista del colpevole, partendo invece da chi subisce la violenza”, di evitare “termini fuorvianti come “amore” “raptus” “follia” “gelosia” “passione” accostati a crimini dettati dalla volontà di possesso e annientamento”. La Convenzione non è una carta deontologica, non è prescrittiva, è un documento la cui sottoscrizione significa una presa di coscienza, voluto da Cpo Fnsi, Cpo Usigrai e associazione GiULiA. Forse troppo poco nota?
Ed è allarmante che la narrazione che si fa dei femminicidi continui ad essere così tendenziosa, sempre alla ricerca della spettacolarizzazione e che siano così pochi i giornalisti e le testate in grado di fornire informazioni corrette e rispettose.
È troppo chiedere all’Ordine di intervenire? Dichiarare? Indicare? Insomma prendere posizione
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